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Vincenzo Riccati (1707 - 1775)

Vincenzo Riccati, quarto figlio di Jacopo Riccati (1676-1754), nacque a Castelfranco Veneto l'11 gennaio 1707. Dopo i primi insegnamenti ricevuti nella casa paterna, all'età di 10 anni si recò a Bologna per proseguire i propri studi nel Collegio di S. Francesco Saverio, retto dai gesuiti, sotto la guida del matematico P. Luigi Marchenti. Nel 1726, all'età di 19 anni, entrò nell'ordine dei Gesuiti, trascorrendo gli anni del noviziato prima a Piacenza (1727-29) e poi a Padova (1729-1734), anni di intenso studio, "consacrati all'insegnamento e alle ricerche scientifiche".

Ad ottobre del 1734 lasciò Padova e si trasferì a Parma, dove fu incaricato di insegnamenti letterari presso il Collegio di S. Caterina. L'anno successivo, proseguendo l'iter del suo noviziato, si dedicò allo studio della teologia, prima nel collegio parmense di S. Rocco e poi al Collegio Romano. A Roma Riccati ebbe come docente, tra gli altri, il P. Orazio Borgondio (1675-1741) e come compagno di studi Ruggiero Giuseppe Boscovich (1711-1787). Completato il corso di teologia, dal 1739 fu inviato per conto dell'ordine a Bologna per sostituire il P. Marchenti nell'insegnamento delle matematiche presso i collegi cittadini e nel 1741 prese i voti. Il lungo periodo bolognese consentì a Vincenzo Riccati di essere costantemente aggiornato sul progresso scientifico che in quegli anni interessava la città. Erano attivi in quegli anni i fratelli Eustachio e Gabriele Manfredi e Francesco Maria Zanotti. La Galleria dei letterati ed artisti illustri delle Provincie veneziane nel sec. decimottavo (Venezia 1824) presentava Vincenzo Riccati di carattere "dolce, piacevole, modesto e la cui grande penetrazione nelle cose matematiche facea tenero contrasto colla sua innocenza nelle mondane". Il Michieli, uno dei biografi del Riccati, rileva come questo avesse "nei campi più diversi amici ed estimatori grandissimi" ed ottenesse "senza mai cercarle, anzi soffrendone, le testimonianze più larghe d'una vera ammirazione da parte dei maggiori enti scientifici nostrani e stranieri".

Vincenzo Riccati si distinse anche per le sue notevoli capacità didattiche e fu maestro di importanti uomini di cultura del XVIII secolo, tra i quali si possono citare Girolamo Saladini, che volle anche come suo collaboratore, Gian Francesco Malfatti, Jacopo Mariscotti, Petronio e Leopoldo Caldani.

In ambito scientifico Riccati diede importanti contributi alla matematica pura ed applicata, tra i suoi primi lavori degni di menzione il Riccardi nella sua Biblioteca Matematica Italiana ricorda alcune memorie di argomento fisico-matematico, tra cui una dissertazione sulla composizione e risoluzione delle forze, ed una sul centro di equilibrio. Si occupò del problema delle forze vive, argomento al centro di un intenso dibattito culturale che vedeva contrapposti Leibniz e Descartes, pubblicando un Dialogo dove ne' congressi di più giornate delle forze vive, e dell'azioni delle forze morte si tien discorso (Bologna 1749).

Nel 1750 Riccati diede alle stampe la dissertazione fisico-matematica De principio conjungendo cationi ad determinandas proprietates motus liberi, et curvilinei, con la quale contribuì a promuovere la teoria dei moti curvilinei. Due anni dopo pubblicò l'opuscolo De usu motus tractorii in constructione aequationum differentialium Commentarius (Bologna 1752), in cui sviluppava una teoria per la costruzione geometrica delle equazioni differenziali per mezzo delle cosiddette trattorie. I numerosi opuscoli dati alle stampe da Riccati furono successivamente da lui raccolti e stampati a Bologna in due tomi, il primo dei quali uscì nel 1757 mentre il secondo nel 1762. Notizie dettagliate in merito alla composizione degli Opusculorum ad res Physicas et Mathematicas pertinentium si trovano nell'Elogio del Sig. Conte Vincenzo Riccati, apparso anonimo nel tomo IX della «Continuazione del Nuovo Giornale de' Letterati d'Italia» (Modena 1776).

Tra il 1765 ed il 1767 Riccati pubblicò a Bologna la sua opera più famosa, le Institutiones analyticae, da lui redatte con la collaborazione dell'allievo Girolamo Saladini (1731-1813). L'opera costituiva il più ampio trattato stampato in Italia nel XVIII secolo che trattasse i metodi analitici. Nella struttura dell'opera e nella trattazione l'opera supera per estensione e novità le Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana (Milano 1748), pubblicate da Maria Gaetana Agnesi (1718-1799). Il trattato di Riccati ebbe in breve tempo grande notorietà e fu recensito in importanti riviste scientifiche dell'epoca, tra cui le «Novelle Letterarie di Firenze», il «Journal des savants» e il «Nuovo Giornale de' Letterati d'Italia». Su quest'ultimo periodico furono pubblicati tre articoli, tutti recensiti da Gioacchino Pessuti (1743-1814), protagonista di una polemica a distanza con Vincenzo Riccati, proseguita, dopo la morte di quest'ultimo, dal fratello Giordano. Le Institutiones analyticae consistevano di due tomi, ciascuno dei quali era costituito da tre libri. Il primo tomo era dedicato a questioni di natura algebrica: equazioni di primo e secondo grado e problemi geometrici ad esse connesse (libro I), luoghi geometrici (ellissi, parabole, iperboli) ed equazioni di terzo e quarto grado (libro II), luoghi geometrici di grado superiore (libro III). Il secondo tomo riguardava il calcolo differenziale ed integrale. All'interno dei tre libri venivano presentati una storia dei metodi infinitesimali, un'esposizione in parallelo dei due calcoli ed una spiegazione dettagliata di tutti i metodi di integrazione elaborati fino a quel momento. Molto spazio veniva dedicato alla trattazione delle equazioni differenziali del primo e del secondo ordine, con particolare attenzione ai metodi di Jacopo Riccati, al quale è ancora oggi associata la cosiddetta equazione di (Jacopo) Riccati, una particolare equazione differenziale del primo ordine.

Quando, nel 1773, fu soppressa la Compagnia di Gesù, Vincenzo Riccati lasciò Bologna e fece ritorno alla casa paterna, a Treviso, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita continuando a dedicarsi agli studi. In collaborazione col fratello Giordano riprese una questione sollevata anni prima da Leibniz e Johann Bernoulli in merito alla natura dei logaritmi dei numeri negativi. I due Riccati, aderendo alla tesi bernoulliana che sosteneva la natura reale di tali logaritmi, scrissero sull'argomento sei lettere, cinque di Vincenzo ed una di Giordano, indirizzate all'abate trevigiano Jacopo Pellizzari (Sopra i logaritmi dei numeri negativi). Le lettere furono pubblicate nel 1779 sul tomo XVI del «Nuovo Giornale de' Letterati d'Italia».

Vincenzo Riccati morì il 17 gennaio 1775 e fu sepolto accanto al padre Jacopo nella cattedrale di Treviso.

(Maria Giulia Lugaresi)

Bibliografia

  • Elogio al Sig. A. Conte Vincenzo Riccati, «Continuazione del Nuovo Giornale de' Letterati d'Italia», tomo IX, Modena 1776, pp. 114-194.

  • Adriano Augusto Michieli, Una famiglia di matematici e di poligrafi trivigiani: i Riccati, II. Vincenzo Riccati, «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», CIII, parte II, 1943-1944, pp. 69-109.

  • Luigi Pepe, Sulla trattatistica del calcolo infinitesimale in Italia nel secolo XVIII, in La storia delle Matematiche in Italia, Atti del convegno, Cagliari 29-30 settembre e 1 ottobre 1982, Università degli studi di Cagliari, a cura di O. Montaldo e L. Grugnetti, Monograf, Bologna 1984, pp. 145-227.

  • J. M. Henk Bos, Tractional motion and the legitimation of trascendental curves, «Centaurus», 31, 1988, pp. 9-62.

  • J. M. Henk Bos, Tractional motion 1692-1767; the journey of a mathematical theme from Holland to Italy, in Italian Scientists in the low Countries in the XVIIth and XVIIIth Centuries, Rodopi, Amsterdam 1989, pp. 207-229.

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