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Muhammad Al-Baghdadi (980 ca. - 1037)

Abu Mansur Al-Abr Qahir Ibn Tahir ibn Muhammad Ibn Abdallah al-Tamini Al-Shaffi Al-Baghdadi, conosciuto anche come Ibn Tahir o più semplicemente come Al-Baghdadi, dal nome della sua città di origine, fu un matematico arabo che visse a cavallo tra X e XI secolo, contemporaneo del filosofo e medico persiano Ibn Sina (Avicenna). Nacque probabilmente a Baghdad intorno al 980 e morì nel 1037. Gli ultimi due nomi di Al-Baghdadi suggeriscono la sua appartenenza alla tribù Bani Tamim, una delle tribù Sharif dell'antica Arabia, e alla alla scuola di giurisprudenza islamica Madhhab Shafi'i. Questa scuola di diritto, una delle quattro scuole sunnite, deriva il suo nome dal maestro Abu Abd Allah As-Shafi (767-820) e ha i suoi pilastri fondamentali nella legge divina del Corano, nello Hadith e nell’impiego dell’argomentazione razionale nei casi un cui l’insegnamento religioso richieda di essere integrato o interpretato. Poche sono le informazioni a disposizione per ricostruire la vita di Al-Baghdadi. Nato e cresciuto a Baghdad, dovette lasciare la città per Nishapur, centro situato nella regione di Tus, oggi nell’area nord-orientale dell’Iran. Trasferendosi a Nishapur, Al-Baghdadi fu accompagnato dal padre, il quale, verosimilmente, dovette essere uomo di notevole ricchezza, se è vero che Al-Baghdadi, senza alcuna apparente fonte di reddito, fu in grado di spendere ingenti somme di denaro per studio e apprendimento. A quel tempo Nishapur era, come tutta la regione circostante, un luogo caratterizzato da scarsa stabilità politica, in ragione della presenza di un considerevole numero di tribù e gruppi religiosi in contrasto tra loro. A seguito di tumulti scoppiati a Nishapur, Al-Baghdadi decise di trasferirsi in un luogo più sicuro per continuare la sua vita di studioso, muovendosi così ad Asfirayin. Là Al-Baghdadi fu in grado di insegnare e di studiare in un ambiente più adeguato, tranquillo e favorevole. Ad Asfirayin, al-Baghdadi insegnò per molti anni in moschea. Sembra che, potendo contare su un patrimonio sufficiente per il proprio sostentamento, egli non ricevesse alcun compenso per i suoi insegnamenti, dedicandosi esclusivamente alle attività di studio. I suoi scritti vertono principalmente su tematiche di carattere teologico, cosa che riflette, con ogni probabilità, la sua principale attività di insegnamento. Tuttavia, egli fu anche l'autore di almeno due trattati di matematica.

Il primo di essi, intitolato Kitab fi l-Misaha, è dedicato ad un problema classico come quello della misura di lunghezze, superficie e volumi. Il secondo, noto con il nome al-Takmila fi l-Hisab, è invece un’opera di grande importanza nella storia della matematica. Si tratta di un lavoro di aritmetica nel quale Al-Baghdadi prende in esame una serie di tipologie di sistemi numerici, che va dalla prassi del contare sulle dita al sistema sessagesimale, abbracciando anche l'aritmetica dei numeri indiani e le frazioni. Egli inoltre prende in considerazione l'aritmetica dei numeri irrazionali e l'aritmetica di uso commerciale. In questo lavoro Al-Baghdadi sottolinea i vantaggi di ciascuno dei sistemi, ma sembra favorire i numeri indiani.

Diversi importanti risultati di teoria dei numeri appaiono in al-Takmila, un testo che contiene anche alcuni commenti che ci permettono di ottenere informazioni su alcuni testi di Al-Khwarizmi andati perduti. Vale la pena di sottolineare come questo testo possa aiutare a far luce sul problema del perché i matematici del Rinascimento vengano comunemente divisi in "abacisti" e "algoritmisti" e a chiarire che cosa esattamente viene catturato da questi due nomi. Sembra chiaro che coloro che utilizzavano i numeri indiani usassero un pallottoliere e fossero per questo chiamati "abacisti". Gli "algoritmisti" seguivano invece i metodi illustrati nei lavori – oggi perduti – di Al-Khwarizmi, che non dovevano consistere nell’impiego dei numeri indiani, ma piuttosto basarsi sulla pratica del contare sulle dita. Ciò risulta chiaro dai riferimenti di Al-Baghdadi ai testi perduti di Al-Khwarizmi.

Nella trattazione di teoria dei numeri contenuta in al-Takmila Al-Baghdadi fornisce una interessante discussione dei numeri abbondanti, dei numeri difettivi, dei numeri perfetti e dei numeri equivalenti. Supponiamo che, in notazione moderna, S(n) stia per la somma delle parti aliquote di n, cioè la somma dei suoi quozienti propri (escludendo cioè n stesso). In primo luogo Al-Baghdadi definisce i numeri perfetti (gli n tali che S(n) = n), i numeri abbondanti (gli n tali che S (n) > n) e i numeri difettivi (gli n tali che S (n) < n). Queste proprietà dei numeri erano già state studiate dai greci: Al-Baghdadi deriva a partire da esse alcuni risultati elementari, affermando che 945 è il più piccolo numero dispari abbondante, un risultato la cui scoperta è comunemente attrubuita al lavoro di Claude-Gaspard Bachet de Mériziac nella prima metà del XVII secolo. Un fatto che merita di essere segnalato è che al-Baghdadi mostra di essere consapevole della falsità di alcune tesi sostenute dal matematico greco Nicomaco intorno ai numeri perfetti, tesi che sono invece comunemente accettate come ovvie in Europa fino al XVI secolo. Ad esempio, la tesi che vi è un solo numero perfetto per ogni potenza di 10 (Al-Baghdadi sostiene che tra 10.000 e 100.000 non ve ne sia alcuno). Oltre a definire i numeri abbondanti, difettivi e perfetti, Al-Baghdadi definisce anche i numeri equivalenti; e sembra essere, se non il primo, quantomeno un pioniere nel loro studio. Due numeri m ed n sono detti equivalenti se S (m) = S (n). Egli considera poi il seguente problema: dato k, si trovino m e n tali che S (m) = S (n) = k. Al-Baghdadi risolve il problema con un metodo elegante, fornendo poi un esempio con k = 57, ottenendo S (159) = 57 e S (559) = 57 (senza tuttavia notare che la soluzione vale anche per 703, infatti S (703) = 57). Infine, i risultati che al-Baghdadi dà sui numeri amichevoli sono soltanto una leggera variazione sui risultati offerti circa due secoli prima da Thabit Ibn Qurra. Nella notazione moderna, m e n sono amichevoli, se S(n) = m, e S(m) = n. Il teorema di Thabit Ibn Qurra è il seguente: per n > 1, siano p = 3 x 2^(n-1)-1, q = 3 x 2^n – 1 e r = 9 x 2^(2n-1)-1. Allora, se p, q e r sono primi, ne consegue che a = (2^n)pq e b = (2n)^r sono numeri amichevoli, con a abbondante e b imperfetto.

E’ considerato come una delle figure più rilevanti del panorama scientifico e culturale islamico a cavallo tra i due secoli.

Riferimenti bibliografici:

  • S. Pines, A. S. Saidan, "Biography", in Dictionary of Scientific Biography, New York, 1970-1990
  • R. Rashed, The development of Arabic mathematics : between arithmetic and algebra, London, 1994
  • R. Rashed, Entre arithmétique et algèbre: Recherches sur l'histoire des mathématiques arabes, Paris, 1984
  • A. Saidan, "The 'Takmila fi l-Hisab' of Al-Baghdadi", in From deferent to equant, New York, 1987, pp. 437-443

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