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Carlo Renaldini (1615 - 1698)

Ancona, 1615- ivi, 1698

Carlo Renaldini nacque ad Ancona nel 1615 da una famiglia patrizia di illustri militari e funzionari di legazione. Iniziò a studiare teologia e filosofia e successivamente, allo scopo di intraprendere la carriera militare, matematica e fisica. Nell'esercito pontificio, al comando di Taddeo Barberini, si fece apprezzare come ingegnere militare, e guadagnò il favore di papa Urbano VIII, Maffeo Barberini, zio di Taddeo. Mosse i primi passi in ambito universitario ricoprendo il ruolo di lettore di matematica a Ferrara; nel 1649 venne nominato lettore primario di filosofia a Pisa dal Granduca di Toscana Ferdinando II. Quest'ultimo lo chiamò poi a Firenze per affidargli l'educazione matematica e filosofica del figlio primogenito Cosimo III. In quegli anni Renaldini partecipò ai lavori dell'Accademia del Cimento, società scientifica fiorentina attiva presso la corte dei Medici fondata nel 1657 dagli allievi di Galileo. Renaldini era infatti attratto dalle novità filosofico-scientifiche sviluppatesi a partire dai lavori di Galileo, anche se rimase sostanzialmente aderente allo spirito dell'aristotelismo tradizionale, tanto da essere definito dal collega Giovanni Alfonso Borelli il ‘Simplicio’ del Cimento. Va comunque ricordato l'importante e duraturo contributo che Renaldini diede al miglioramento dei termometri galileiani: fu sua la proposta, avanzata nel 1694, che perfezionava quella di Sebastiano Bartolo (1635-1676), di assumere i punti fissi del ghiaccio fondente e dell'acqua bollente per rendere confrontabili fra loro le indicazioni fornite da diversi termometri. Nel 1667 Renaldini venne chiamato a Padova, dove ricoprì la cattedra di Lettore primario di filosofia fino al 1698, anno della sua morte. E' a Padova che, nel 1681, iniziò a pubblicare la sua opera filosofica, Philosophia rationalis, naturalis atque moralis.

Tra le opere di Renaldini meritano di essere ricordate l’Opus algebricum (Ancona, 1644), l’Opus mathematicum (Bologna, 1655) e l’Artis Analyticae mathematum (Firenze, 1665) che trattano soprattutto dell'algebra numerosa, ovvero dello studio delle equazioni con coefficienti numerici. In questi scritti Renaldini diffuse e proseguì, introducendo nuove notazioni algebriche sintetiche, il lavoro di François Viète (1540-1603). Nell'ultimo scritto si può già rinvenire l'influenza di René Descartes (1596-1650), che diviene poi fondamentale nel Geometra promotus (Padova, 1670) dove Renaldini riespone il terzo libro della Géométrie. Morì ad Ancona nel 1698.

(Seminario di Logica Permanente)

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