Voghera (Pavia) 8 novembre 1781 - Torino, 20 gennaio 1864.
Dal 1800 studiò all'Ecole polytechinique di Parigi dove ebbe come maestro Lagrange, di cui fu l'unico allievo italiano e di cui, più tardi, sposò una nipote. Rientrato in Italia, nel 1803 divenne professore alla Scuola d'Artiglieria di Alessandria e nel 1811, su suggerimento di Lagrange, fu nominato professore di astronomia all'Università di Torino, in cui successivamente insegnò anche analisi. È il vero fondatore dell'Osservatorio astronomico di Torino che, prima di lui, era solo un modesto annesso della cattedra d'astronomia. Nella restaurazione sabauda e dopo i moti del 1821, non ebbe noie; anzi fu, più tardi, fatto barone e nominato membro del primo senato subalpino (1848).
Fino all'incirca al 1823, Plana fece effettive osservazioni astronomiche, soprattutto di astronomia geodetica. In seguito si occupò quasi soltanto di questioni teoriche (di analisi, di fisica matematica e, soprattutto, di meccanica celeste). La sua fama è specialmente legata ai tre grossi volumi sulla Teoria della Luna che, cominciati in collaborazione con Carlini nel 1813, dopo un violento conflitto con questi, fu portata a termine dal solo Plana nel 1832. In essa si riesce – sulla base della sola legge di Newton – a dare una spiegazione suffficientemente precisa dell'intricato movimento del nostro satellite, fondandosi sulla quale possono calcolarsi delle effemeridi abbastanza precise di esso. I calcoli sono però svolti in modo piuttosto elementare e la monumentalità dell'opera dipende anche dal fatto che Plana non seppe avvalersi di tutte quelle semplificazioni che già nello stato in cui si trovava la scienza ai suoi tempi sarebbero state possibili.
Sul palazzo dell'Accademia delle Scienze di Torino, una lapide ricorda che Plana vi portò a termine la sua teoria della luna. Nell'interno, vi è un busto dell'autore. Una strada e una scuola di Torino sono a lui intitolate.
Membro dell'Accademia delle Scienze di Torino dal 1811, suo vice presidente dal 1842 al '51 e presidente dal 1851 alla morte, ebbe larghi onori anche esteri fra cui una medaglia d'oro della Royal Astronomical Society di Londra. Ebbe però fama di uomo orgoglioso e superbo ed è rimasta tristemente celebre la sua frase al giovane Schiaparelli: "Di astronomi ve n'è uno in piemonte e basta!". Coerentemente, non formò alcun allievo.
Necrologio: Bull. Boncompagni, 19, pp. 121-128 (S. Realis); Riv. Municipale «Torino», agosto 1935 (L. Volta).